1.1
Occhi
[Sottovoce – Un sipario che si apre su una stanza senza pareti]
La stanza. Il Vecchio. L’istante in cui la verità sfugge e si avviluppa su sé stessa, una spirale che si allunga fino a toccare il confine tra il sogno e l’insonnia.
[Sussurro – Il tempo sospeso, o forse congelato in un eterno presente]
Selene, un nome che echeggia come un verso di poesia antica, ma che al giovane appare un enigma, più che un'identità. Forse l’ha già incontrata, forse no. Il punto è che non lo sa, e questo lo infastidisce. Occhi come due specchi d’acqua nel crepuscolo, riflettenti un mondo intessuto di dubbi e ombre. “Il mondo è perfetto, qui. Ogni cosa ha un ordine.” Le parole escono con la precisione di un astrolabio che traccia l’arco delle stelle.
“E io?” domanda il giovane, o almeno crede di farlo, mentre il suo pensiero si smarrisce tra i meandri di una conversazione che sfugge alla sua comprensione. Selene sorride, un sorriso che potrebbe essere tanto un omaggio alla compassione quanto un tributo alla condiscendenza, ma chi può dirlo? Il giovane non è sicuro di aver colto, e forse non c’è nulla da cogliere, il che lo terrorizza ancora di più.
[Segnale – Le palpebre del Vecchio si chiudono, o forse si aprono su un altro orizzonte]
Il marmo, liscio e freddo come il ventre di una statua dimenticata, inizia a creparsi. La realtà, quella con la R maiuscola che nessuno ha mai visto davvero, si sfalda come un affresco corroso dal tempo. L’utopia del Vecchio, se mai ha avuto un nome, si presenta per un attimo infinitesimale, un soffio di eternità che si ritrae dietro il velo della razionalità. Perfetto, tutto è perfetto. Ma la perfezione ha un costo, e quel costo è l’anima del giovane che si accartoccia come un papiro antico esposto troppo a lungo al sole del dubbio.
[Manifestazione – O il tentativo di sfuggire a ciò che è già scritto]
Il giovane corre, o forse non corre, perché la fuga è più un’idea che un’azione concreta. Il bosco intorno a lui è indistinto, come una foresta intravista in un sogno che si dissolve all'alba. Foglie, rami, radici, tutto si confonde in un labirinto senza uscite, come un mondo in cui ogni sentiero è solo un’illusione di libertà. Ogni passo è un atto di ribellione contro il senso, ma il senso è come una ragnatela, che lo avvolge silenziosamente, imprigionandolo.
Sotto l’albero, il tempo si curva, si piega, si spezza. Ma esiste davvero una scelta, se tutte le strade portano alla stessa destinazione?
[Evidenza – O forse un miraggio nel deserto della mente]
Selene appare, e poi svanisce, come un’immagine riflessa in un ruscello, ondeggiata dal passaggio del vento. È lì, forse, o forse no, a parlare di cose che il giovane non riesce a seguire, non per mancanza di interesse, ma per un ingorgo di pensieri che s'intrecciano. La perfezione del mondo, l’armonia delle cose. Il giovane si sente come un nodo in un arazzo che non riesce a sciogliersi, un elemento dissonante in una sinfonia perfettamente orchestrata. Selene lo osserva, lo valuta, ma non c’è vero contatto, solo un’eco lontana.
[Svelamento – O il messaggio cifrato in un linguaggio ormai perduto]
Un pezzo di carta che potrebbe essere stato importante, o forse no. Il Vecchio, o il suo spettro, ha lasciato un messaggio, ma il giovane lo legge e non comprende. Le parole sono lì, ma il senso si dissolve come una preghiera smarrita nei secoli. La verità è sfuggente, come un soffio d’aria in una stanza chiusa da troppo tempo.
[Transizione – Tra ciò che è stato, e ciò che non sarà mai]
Il Vecchio aveva previsto tutto, ma tutto è un concetto troppo vasto per essere contenuto in una mente umana. Il giovane cerca di trovare il suo posto, ma il posto non c’è, non c’è mai stato. È solo un errore di calcolo nella matematica del destino, un’ombra nella luce del sole. La realtà si scompone, e lui si scompone con essa.
[Visione – O un’eco di qualcosa che non ha mai avuto luogo]
Marmo, luce, e una voce che parla una lingua dimenticata. Il giovane vaga, ma vagare implica una meta, e qui non ce n’è. Perfetto, tutto è perfetto, tranne lui. Lui è la crepa nel marmo, la dissonanza nella melodia. Un errore che il destino non riesce a correggere, perché forse non c’è nulla da correggere.
[Epilogo – O l’inizio di una nuova spirale]
Sotto l’albero, il giovane chiude gli occhi. O forse li apre, in un’altra realtà, in un altro sogno. Il tempo si arresta, o accelera, o si dissolve. Nella quiete di quel momento, che è eterno e infinitesimale al tempo stesso, il mondo si riflette in lui, o forse è lui che si riflette nel mondo. Non c’è più fuga, perché non c’è più un luogo da cui fuggire. Solo un fiume di pensieri che lo porta via, o lo trattiene.
E lui? Si lascia trasportare? Affonda?